Nell’ultimo mese abbiamo partecipato a due seminar diretti da Seishiro Endo Sensei, a Roma e a Granada.
Partecipiamo ciclicamente a questi eventi per diversi motivi. La pratica che propone sviluppa molte competenze nella gestione del tempo, della distanza, della rilassatezza e dell’estensione riducendo al minimo l’uso della forza.
Inoltre, è uno dei residui allievi diretti del fondatore dell’Aikido, Morihei Ueshiba e questo ha il suo fascino evocativo, anche se siamo consapevoli dell’esistenza di tanti maestri competenti che hanno visto, come noi, O’ Sensei solo in foto.
I seminar di questo livello sono un’opportunità di crescita anche (probabilmente: soprattutto) per tutto ciò che si vive sul tatami e fuori.
Si ha la possibilità di mettersi in gioco con uno stile diverso. Si è costretti spesso a far parlare solo la pratica, il proprio corpo, rendendosi conto di quanto nel bene e nel male è maturo il nostro movimento. A livello verbale, il tatami si riempie di lingue e idiomi e se si vuole costruire qualche tipo di relazione, bisogna avere il coraggio di superare la barriera culturale, esprimendosi in lingua straniera.
Inoltre, quando il sensei è di fama mondiale (perlomeno nel proprio giro…), si assiste facilmente ad uno spettro di atteggiamenti nei suoi confronti che vanno dalla dedizione filiale dei propri deshi fino al timore che si può captare negli occhi delle cinture bianche che cercano -come tutti- di capirci qualcosa.
Nel mezzo, c’è di tutto. Dal rispetto alla venerazione, dall’ammirazione ad una sorta di idolatria, dalla curiosità alla resistenza figlia del “ma tanto il mio stile è superiore”.
Quando il numero di partecipanti è alto, capita, nel mucchio, di pescare sorprese di gusto opposto. Da chi si rifiuta di praticare con te (capita anche questo, a volte) a chi, pur essendo sul tatami da 40 anni, si mette umilmente al tuo servizio.
Ci è anche capitato, per la stanchezza del viaggio, di dimenticare in stanza cintura e hakama e di salire per una sessione vestiti con gi e cintura bianca prestata. Abbiamo così avuto modo di rinfrescare la memoria di quando il mondo intero si sentiva titolato a insegnare a noi come e meglio del sensei, fermandoci ogni tre per due. E’ successo anche l’opposto: il colore bianco ha aumentato la cura e, con essa, la qualità dell’esercizio.
Della pratica e del messaggio di Endo Sensei, che dire?
Principalmente che l’albero si riconosce dai suoi frutti. Abbiamo la fortuna di frequentare alcuni suoi studenti diretti e i loro Dojo. Persone tecnicamente molto preparate, didatticamente chiare e capaci di formare dei gruppi sani e accoglienti. Capaci di trasmettere intensità al lavoro svolto (la pratica di Endo sembra leggera ma è molto impegnativa per il sistema muscolo-scheletrico) ma di non dimenticare mai il sorriso pulito.
Apprezziamo molto le indicazioni didattiche, il chiedersi costantemente il “perché” delle nostre scelte, la verifica continua della condizione fisica, emotiva e mentale nostra e del partner.
Endo Sensei è chiaramente una persona che ha compreso e integrato nel suo movimento i principi e le tecniche. Le prospettive che lascia intravvedere sono il frutto di una sua ricerca e di una sua scelta tanto tecnica quanto di vita.
Stupisce vedere una persona vicina agli ottanta muoversi con tanta agilità e velocità. Si coglie nel suo movimento una padronanza totale delle tecniche di spada -ed è quindi un peccato che Endo abbia volutamente scelto di non insegnarla: sarebbe stata una trasmissione più completa.
Non è facile -e lascia interdetti- seguire la proposta di una persona che dopo una vita di forma (e di forma dura), propone esercizi che conducono alle varie tecniche senza forme evidenti. Questo “liberarsi dalla forma”, concentrandosi solo sulla connessione col ki del partner, è un terreno sdrucciolevole. Può essere manipolatorio, anche nei confronti di se stessi. Ma del resto ne si intravvede la necessità e, come Endo dice, “è il lavoro di una vita”.
In altre parole, è ovvio che dal suo punto di vista, i 150 praticanti che si trova di fronte sono più o meno tutti degli impediti… E’ quasi un mantra: “Io vi sto insegnando tutto, voi state facendo altro”.
Il che è vero. Forse. Perché o quel “tutto” è troppo elevato da poter essere comunicato e compreso oppure è un’iperbole più che comprensibile. In entrambi i casi la sensazione è un po’ di essere finiti in una di quelle botteghe in cui il padrone trova sempre da ridire sull’esecuzione di un lavoro.
Detto questo, Seishiro Endo Sensei rimane una proposta molto valida che riteniamo come utile e benefico shock per tutti i praticanti, soprattutto per i più “tecnici” e siamo grati a chi, con sforzo organizzativo notevole, realizza tali eventi di cui possiamo beneficiare.